DA GRANDE FARO’ L’UTOPISTA

È il 2100 e l’umanità ha superato la crisi che nel secolo scorso ha segnato profondamente le coscienze di tutte le popolazioni.
L’inquinamento è in netta recessione da ormai più di 50 anni e le emissioni, gli scarti e le plastiche non sono più un problema, grazie alle nuove tecnologie.
La moneta, così come le religioni, le credenze, le televisioni, i governi e le multinazionali non sono più un ostacolo, avendo l’essere umano, in ogni ambito, trovato il giusto equilibrio tra benessere, condivisione ed etica: aspetti basilari per la formazione di una civiltà giusta, prospera e rivolta ad un’evoluzione proficua sotto ogni punto di vista.
La tecnologia, che nei primi anni 2000 sembrava quasi dovesse prendere totalmente il posto dell’intelligenza delle giovani menti, è ora un coadiuvante della gestione quotidiana di ogni attività, da quelle organizzative alle mansioni più fisiche e difficili per l’uomo.

In questa atmosfera così utopica e quasi inverosimile, in un pianeta diventato sempre più simile ad un villaggio-vacanze, di cosa si occupano gli adulti di homo?

Solo l’1% del tempo viene destinato a mansioni considerate “lavoro” nell’era della produttività infinita.

Come si è arrivati a questo punto?
Dall’industrializzazione in poi, si è andato delineando un principio attuato, inconsapevolmente, dagli stati che dice che ogni qual volta la produttività decuplica, il tempo lavorativo dedicato viene ridotto di un quarto dalle istituzioni, solitamente limitato attraverso la scuola dell’obbligo, la pensione, le ferie, i riposi, le festività, i permessi ecc…

Un aumento della produttività, cioè della capacità di generare profitto ed offrire un prodotto/servizio abbassando costi e tempistiche, di questo tipo avrebbe, però, causato la fine improvvisa del lavoro di massa, fosse stato applicato da una mentalità affine alle epoche precedenti.

Nel 1964, anticipando fortunatamente i tempi, il comitato delle triplice rivoluzione avanzò l’ipotesi della necessità di un reddito universale, reso possibile dall’appunto sovrabbondante produttività. Reddito preso in considerazione qualche anno dopo, con l’epoca informatica in pieno sviluppo e con la possibilità di potenziare il lavoro a distanza.

La produttività, come previsto, dagli anni ‘70 del XX secolo in poi, ha comportato la scelta di far fare alle macchine la maggior parte dei lavori manuali, pesanti e logistici, facendo aumentare notevolmente il valore della produzione ma mantenendo, almeno fino agli anni 20 del XXI secolo, l’orario di lavoro invariato per i cittadini.

Da questa data in poi, grazie al sempre più preciso aiuto delle macchine ed al sempre meno necessario intervento umano, la produzione prese ad aumentare in modo esponenziale, facendo ridurre drasticamente il bisogno della popolazione di dedicare tempo al lavoro.

Guida, spostamenti, consegne, acquisti, spedizioni, chirurgia, gestione ordini, fatturazione, immagazzinamento, smistamento telefonate ai centralini, pulizie, manutenzioni, riparazioni, assistenza tecnica telefonica, ristorazione, massaggi, transizioni bancarie, costruzioni, cantieri, lavori di forza, di precisione, di resistenza e ripetitivi… Tutto completamente affidato alle macchine, lasciando tempo alle persone di occuparsi di altro.

Cosa si intende per altro?
Occuparsi degli altri, fare sport e gareggiare, studiare ed approfondire, applicarsi ad attività artistiche, fare progettazione, occuparsi della famiglia e dei rapporti ed andare in vacanza.

L’uomo ha passato, nel corso di millenni, varie ere: dall’agropastorale all’epoca medioevale, per passare poi dall’industrializzazione all’informatica.
Questa viene considerata l’era della libertà, quella in cui l’uomo può scegliere, immaginare, creare: viene chiamata l’era della partecipazione.

“La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche il volo di un moscone
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione”

  • Giorgio Gaber
DA GRANDE FARO’ L’UTOPISTAultima modifica: 2022-01-13T17:56:11+01:00da pabproject
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