LEI – set 2015

“Mi sarei giocata i soldi – disse alzando un sopracciglio – che ti avrei incontrato di nuovo, prima o poi. Ma mai avrei pensato che sarebbe successo qui a Prato, oltretutto dopo aver ricevuto un tentativo tanto buffo e ridicolo di rimorchio”.

Senza muovere il capo girò gli occhi in direzione di Mirko e lo guardò come si guarda una feccia umana, con un’aria spocchiosa che neanche fosse stata una marchesa d’alto bordo.

Scosse le spalle e si incamminò verso me, ancheggiando più della Campbell, fissandomi non gli occhi, con un ghigno che, da una parte faceva presagire a un prossimo coito, dall’altro temevo mi volesse tagliare in più parti e seppellire.

Io ricambiai sbalordito, non avevo mai visto fare tante facce da cliché tutte di seguito, e poi quella camminata così ridicola ma così sensuale… Oddio stavo impazzendo, come sensuale?

Si avvicinò tanto da sfiorare i nostri corpi e mi cinse con una mano intorno la vita.

“Ora che ti ho trovato, pensi che ti lascio andare senza provarle tutte?” e mi baciò. Anzi mi mangiò.

Non fu un bacio, uno scambio di saliva, con le lingue che si sfiorano, no. Mi sentivo rapito da quel bacio, violentato, con un fare così arrogante ma così eccitante, che non potevo resistere. E più si faceva forte e intenso il contatto, lo schiocco e i morsi che mi dava, più mi sentivo debole. Avevo la sensazione che mi stesse risucchiando linfa vitale, oltre che completamente tutta la bocca. Mi sentivo svuotato, nei sensi, nelle forze, mentalmente ed emotivamente.
Avevo goduto così tanto e pianto così tanto, in così poco tempo che le sensazioni erano troppo alterate. E ora questa ragazza mi stava togliendo l’aria e le energie e la testa sembrava iniziare a subire quel suo piacevole maltrattamento, inquinandomi la percezione della realtà.

Chiusi gli occhi un attimo e provai a godermi quei momenti, smettendo di pensare alla ragazza precedente. Mi feci coraggio e anche io cominciai a stringerla e a portarla verso me. Al tocco dei corpi lei fece un gemito e mi spinse contro il muro che avevo appena dietro le spalle, mi passò una mano dietro la nuca e si spostò, facendo entrare a contatto la mia bocca con il suo collo, che sapeva di fresco e di amaro, l’amaro del profumo che probabilmente si era spruzzata prima di uscire.

Allungai la mano sul retro dei jeans, fino a occupare, con questa, gran parte di una natica, che immaginai potesse essere favolosa, da nuda. A quel punto la questione si fece più difficile da contenere e, fortunatamente, Mirko intervenne, a suo modo:

“Aò, e mò me fai incazzà! Oltre a rompeme er cazzo a cercà qu’a stronza pe’ giorni, me freghi pure ‘e ragazze?”.

“Oh cì, c’hai ragione!”. Lo guardai toccandomi la testa pulsante, come se l’afflusso di sangue me la volesse far gonfiare a dismisura. “Lei è Elisa, ci conosciamo dai tempi di Rimini, di quando facevo il dj”.

“Ammazza se rimorchiava proprio tanto a fa’ er dj. Prima quella, poi questa… Ma poi tutte bone a ‘sto paese?”.

Elisa capì che si parlava di Raissa e, voltandosi verso di me, con gli occhi da cerbiatta e increspando la fronte, mi guardò come per chiedere informazioni al riguardo, come una docile fanciulla che non sarebbe in grado di baciare e violentare di forza – come invece aveva fatto fino a quel momento – chiederebbe senza risultare indiscreta.

Spiegai che eravamo di passaggio e che, per caso, ci eravamo incontrati ma anche che, dopo una breve chiacchierata, mi aveva detto di essere fidanzata. Non le dissi di più.

Lei si fece una grassa risata e disse proprio così: “Ride bene chi ride ultimo”. Mi prese per una mano, mi tirò fino a una panchina lì vicino e, guardandomi fisso, con gli occhi leggermente incrociati e lo sguardo da ragazzina sperduta e sognatrice mi chiese, con una vocina flebile, tenendomi entrambe le mani sulle sue ginocchia: “Portami via da qui, mi piaci da un secolo e questo posto mi fa sentire in gabbia. Ho bisogno di emancipazione, di libertà, di una grande città, di te…”; si portò, così, le mie mani alla bocca alle quali diede un bacino, tra l’affettuoso e il felino.

Io credo, che se in quel momento mi avesse chiesto di regalarle tutti i soldi, la casa e la macchina, lo avrei fatto. Ripenso spesso a quel momento. È lì che mi sono giocato tutto, sono anche io uno scommettitore incallito ed ho fatto un all-in. Che casino.
Anche perché ormai non potevo far altro che immaginare il sesso con questa ragazza, capace di turbarmi con veemenza, con quel bacio, e poi sembrare così dolce e indifesa. Il mio unico obiettivo, al momento, era quello di scoparmela il più in fretta possibile; e Raissa ormai era un vago ricordo.

Dopo qualche ora eravamo tutti e tre in macchina, diretti a Roma.

Quando si addormentò sui sedili posteriori, Mirko disse una frase che forse avrei dovuto valutare con maggiore attenzione: “Questa te leva pure le mutanne”, poi poco dopo si addormentò anche lui.

Guidavo e sentivo i pensieri confusi, così misi su della musica, ma la radio balbettava non prendendo bene sull’autostrada, allora decisi di far partire l’unico cd presente in macchina, già inserito nello stereo, tra l’altro: l’album Discovery, sempre dei soliti Daft Punk, del 2001. Che poi mi ricordava proprio quel periodo quando, alla consolle, sperimentavo pezzi che solitamente non facevano parte del palinsesto ordinario. E alla traccia numero nove, “something about us”, una lacrima scese lungo la mia guancia cadendo sui pantaloni. Forse per il tempo andato, forse perché in fondo non avrei voluto altro che Raissa, o forse perché intuivo che la mia limpidezza stava per essere inquinata da un demone succhiaanima; avevo baciato una dea e una strega nella stessa giornata, due dei baci più belli che io avessi mai dato, fino a quel momento. Il bene e il male, e io stavo per essere inghiottito dal secondo.

LEI – set 2015ultima modifica: 2022-04-04T22:29:41+02:00da pabproject
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