DICHIARAZIONE – dic 2020

“Amore, mi dispiace, devo rimanere ancora qualche giorno qui”.
“Ah… Amore… Carino!”.
“Eh eh, voglio stare con te. Stiamo insieme, giusto?”.
“Eh beh, si, certo. Cioè, sì se ti va, se tu vuoi”.
“Cretino! Torno venerdì”.
“Ah, OK! Ma… per quanto tempo?”.
“Come per quanto?!? Non mi vuoi?.
“No, ma che… Dai… Intendevo… Conviviamo?”.
“Eh, sì. Non ti va?”.
“Ma scherzi? Non vedo l’ora di poterti baciare ogni secondo”.
“Mi manchi”.
“Tanto anche tu”.

Riattaccai con una confusione totale in testa.
Amore, conviviamo, mi manchi. Avrei pagato oro, a ripensarci, nel sentire quelle parole rivolte a me.

Restai steso per un po’ sul letto a osservare la luce del sole filtrare tra le tapparelle abbassate, strofinandomi il viso e i capelli, in cerca di un po’ di lucidità quando, dalla porta, fece capolino la biondina.
“Era Raissa?” mi chiese. Annuii e lei, facendo un occhietto, tornò in bagno, dove era già prima di affacciarsi.
Sentivo l’acqua scrosciare e mi chiedevo se avesse dietro un asciugamano, e nel caso non lo avesse avuto, quale avrebbe usato.
Fortunatamente non c’erano, in giro, cose di Raissa; si era portata via quelle poche cose che aveva, anche perché non aveva minimamente preventivato di rimanere a oltranza. Sicuramente, dopo quel breve dialogo, casa sarebbe stata piena delle sue cose, così come lo era stata con Elisa. Questo mi faceva sentire ancora più confuso.

Mi alzai di scatto, avevo una domanda da farle e non potevo aspettare oltre.

Entrai in bagno senza bussare, la porta non era neanche chiusa e mi avvicinai alla doccia, poggiando la schiena contro il freddo vetro. Avrei voluto sbirciare ma in realtà la conoscevo così tanto a memoria, che mi premeva più farle quella domanda, piuttosto che godere ancora un po’ della vista della sua pelle nuda.

“Sapevi di essere incinta?”.
Chiuse l’acqua e uscì, così com’era, nuda e bagnata. Mi si parò davanti, a pochi centimetri di distanza, guardandomi con uno sguardo sincero, al limite del commosso.
“Ti giuro di no”.

Le domandai del perché mi aveva tradito, visto che mi amava e che dovevamo sposarci.

“Non lo so, è cambiato tutto dopo quel fatto. Ho fatto male a non parlartene, ma avevo troppo dispiacere dentro. Se c’è qualcuno con il quale vorrei un figlio, quello sei tu”.
“Ma tu ora stai con lui, e io con Raissa. La nostra relazione non è recuperabile. Che ci fai qui? Perché ti ho scritta? Che intenzioni abbiamo?”.
Si discostò e prese il mio accappatoio che le copriva anche i piedi, nel quale entrò di corsa evitando un raffreddore. Si prese alcuni secondi prima di rispondermi, strofinandosi i capelli con il cappuccio, per poi guardarmi tra le fessure formatesi tra la frangetta.
“Non posso rinunciare a te. Sappi che se non mi vorrai neanche come amicizia, se Raissa fosse gelosa, farò in modo di farvi lasciare. Non mi interessa cosa provi, cosa pensi, cosa vuoi. E non mi interessa cosa vuole e pensa lei. E ancor meno non mi interessa di quello che pensa il mio compagno.
Io, in un qualche modo, ho bisogno di condividere la mia vita con te. Posso rinunciare a baciarti, posso rinunciare al sesso, ma non posso rinunciare a parlarti, a vederti, a viverti. Mettitelo bene in testa!”.
Rimasi allibito. Era la dichiarazione d’amore più bella che avessi mai ricevuto. Questo era amore, cazzo! Mentre io, al massimo, avevo vomitato come un tossico in astinenza della dose, lei avrebbe rinunciato ad “usarmi” pur di avermi nella sua vita. Questo era bello. Il problema è che tutto questo aveva fatto scattare una serie di tempeste ormonali che mi fecero dire qualcosa di cui, poi, mi sarei pentito: “Io non voglio rinunciare a baciarti e men che meno al sesso. Forse un po’ ti amo ancora, una volta ancora”.

Avevo fatto un casino e non avevo neanche idea se, in quanto detto, c’era un minimo di verità, o erano solo le parole di un povero drogato che ha davanti la sua ultima botta.

Ci baciammo appassionatamente e facemmo l’amore di nuovo.

Come aveva giustificato, al suo capo/compagno, dove aveva passato quella notte, non avevo proprio idea.

I giorni passavano e il malcontento per il non avere un lavoro trovava rimedio nel tempo passato a corteggiare, baciare e far divertire Elisa. I momenti che stavamo insieme mi ricordavano i primi tempi in cui, invece di uscire con gli amici, ci chiudevamo in casa a fare l’amore, parlare e scherzare. Sembravamo proprio una coppietta e pareva tornata l’affinità dei primi momenti insieme.

In tutto questo, poi, non ero per niente geloso del fatto che lei avesse un compagno, anzi il fatto che dovesse avere delle attenzioni anche per lui, mi lasciava quei momenti di solitudine che tanto mi erano mancati durante la nostra convivenza. Sembrava un rapporto perfetto. Ma il venerdì del rientro di Raissa arrivò presto.

Il giorno prima, il giovedì, andai ad un colloquio di lavoro, dove ovviamente feci un figura barbina, anche perché ormai quasi completamente disabituato ad uscire. Passai, poi a trovare Mirko, per fare due chiacchiere.
“Allora, come procede?”, mi chiese; classica domanda retorica alla quale tutti rispondono con un “Tuttapposto”, il che significa non prevedere una conversazione di livello. Eppure quella volta lo fregai: “Ma insomma, convivo con Raissa che ora sta a Prato e domani torna in maniera definitiva e poi questi giorni che è stata fuori li ho passati con Elisa che mi ha detto che vuole continuare a vedermi e…”
“Ma te te sei impazzito. Ma lo sai che casino succede se lo scopre la moretta? Quelle se ammazzano”.
E aveva ragione, ma io non potevo farci niente. Cercai di spiegarglielo trovando parole giuste per raccontare a livello emozionale cosa provavo, cosa poteva provare Elisa, del fatto che era rimasta incinta, ma niente. Sembrava di parlare con uno zombie. L’unica cosa che riusciva a dire era: “Te voi morì”.

Sì, volevo morire. Io non ce la potevo fare a scegliere tra le due. Provai anche a fare una lista dei pro e dei contro, di chi avrei dovuto scegliere, delle qualità, dei difetti, della convenienza… Niente, non c’era una soluzione. Ero nel pieno dilemma mora/bionda, che tempesta le vite ormonali di qualsiasi essere umano maschio occidentale.

Elisa mi aveva chiesto di sposarmi, mi amava senza dubbio, era rimasta incinta, mi faceva divertire, era leggera, nel suo rendermi mentalmente dipendente in modo tossico. Ma anche passionale, conosceva i miei gusti, avevamo vissuto insieme quattro anni, conosceva tutti quelli del mio giro, i vicini, i miei genitori, Mirko, Abdul il fruttarolo sotto casa, l’edicolante, le ragazze del supermercato… E poi quelle mani, il sedere, la schiena…

Raissa era la donna dei miei sogni. Era strabella, aveva un seno che a disegnarlo neanche Giotto sarebbe riuscito, il suo viso era celestiale, da morsi, con le fossette, il naso arricciato, le labbra carnose, la lingua… Il suo bacio era qualcosa di superbo, non era possibile fare paragoni e il sesso con lei era così pulito, così dolce, così delicato ma emotivamente coinvolgente. Io credo che quella sensazione che ho sentito con lei, standole vicino, poterla annusare, toccare, sognare, fosse la cosa più vicina all’amore che abbia mai provato, seconda solo all’aver ascoltato per la prima volta “One more time”.

DICHIARAZIONE – dic 2020ultima modifica: 2022-06-06T15:09:37+02:00da pabproject
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